Secondo “Bilanci d’Acciaio 2024”, lo studio di siderweb dedicato alla filiera siderurgica italiana e basato sui dati dei bilanci di esercizio del triennio 2021-23, il settore non gode di ottima salute. Tuttavia, le previsioni per il 2025 lasciano intravedere qualche piccolo spiraglio di miglioramento.
Presentata a Villa Fenaroli a Rizzato (BS) la sedicesima edizione dei “Bilanci d’Acciaio 2024”, lo studio di siderweb che fotografa lo stato di salute economico-finanziaria della filiera siderurgica del triennio 2021-2023 prendendo in esame oltre 5000 bilanci di aziende del settore. Lo studio si è avvalso della collaborazione di Claudio Teodori e Cristian Carini, professori ordinari all’Università degli Studi di Brescia ed è stato sponsorizzato da BPER Banca e Regesta Group.
L’approfondita analisi ha messo in evidenza che dopo un biennio molto positivo, il 2023 è stato un anno di forte rallentamento. Il 2024 si è confermato abbastanza critico per la filiera dell’acciaio con gli ordini interni in diminuzione così come l’export, e con la produzione industriale in forte rallentamento, con un conseguente calo dei fatturati per le imprese del nostro settore. Per il 2025 si intravede qualche piccolo spiraglio di miglioramento nella seconda parte dell’anno ma preoccupano il costo dell’energia, delle materie prime e dei sottoprodotti e l’instabilità geopolitica. Per quanto riguarda, in particolare, la situazione italiana il supporto agli investimenti che ci sia aspettava da Transizione 5.0 al momento non ha dato gli esiti sperati.
Indici di redditività
«La pur contenuta variazione del valore aggiunto – ha spiegato Claudio Teodori professore dell’Università degli Studi di Brescia – si è negativamente riflessa sull’Ebitda, che scende nuovamente sotto il 10% di incidenza sulle vendite (8,8%), a causa del minore assorbimento del costo del lavoro, dovuto quasi esclusivamente alla decrescita dei ricavi. Minore l’effetto sugli altri costi strutturali, ammortamenti e leasing. L’impatto complessivo è la riduzione di 2,5 punti percentuali della marginalità della gestione caratteristica, che supera di poco il 5% (8% lo scorso anno)».
L’unico dato in miglioramento rispetto al 2022 riguarda i mezzi propri «a segnalare il ridimensionamento avvenuto nell’ultimo anno, che è più agevolmente comparabile con quello iniziale del triennio (2021-2023). Va comunque guardato con positività – ha aggiunto Teodori – l’incremento delle risorse dei soci: gli ingenti utili prodotti nel 2022 (5,5 miliardi), sono stati in buona parte destinati ad autofinanziamento. Esaminando i dati principali, colpisce anche la crescita del 64% degli oneri finanziari, malgrado la contrazione dei debiti finanziari e della posizione finanziaria netta: l’aumento del costo del denaro ha avuto un impatto non trascurabile».
Il peso degli oneri finanziari è stato infatti significativo nel 2023, superando l’1% del fatturato. Il reddito netto, ampiamente positivo, ha inciso per il 4% sulle vendite.
La solidità delle aziende italiane
Se gli indici di redditività, sia caratteristica sia netta, sono peggiorati, la solidità, che ha orizzonti di medio-lungo termine, ha mostrato variazioni più contenute. «Nel complesso – ha illustrato ancora Teodori – la dimensione migliora nel 2023, grazie soprattutto alle scelte di autofinanziamento attuate dalle imprese dopo gli elevati redditi ottenuti nel 2022, che rimarrà nella storia di molte aziende. Il rapporto di indebitamento si è dunque ridotto, avvicinandosi all’unità e raggiungendo il valore minimo del triennio».
Uno scenario creatosi grazie a riduzione dei debiti; incremento dei mezzi propri; leggero decremento del capitale investito: «L’unico elemento negativo, legato al costo del denaro, è il peggioramento della sostenibilità economica del debito, cioè l’impatto a conto economico degli oneri finanziari, che viene solo in parte mitigato dai minori debiti».
E nel 2024 la situazione potrebbe peggiorare, viste le non soddisfacenti previsioni economiche.
Gli elementi di maggiore criticità
Il calo della produzione siderurgica nei primi 9 mesi dell’anno (–5,6%, dati Federacciai) e del fatturato dell’industria, unitamente alle incerte previsioni sul Pil, sono evidenti segnali di preoccupazione che porteranno a segni ancori negativi nei bilanci delle imprese siderurgiche del 2024.
È importante considerare anche l’andamento dei principali settori utilizzatori di acciaio, dai quali non arrivano buone notizie: l’edilizia è fortemente dipendente dai sussidi statali (che non ci saranno più, almeno come negli ultimi anni), l’automotive presenta forti segnali di preoccupazione (con un calo notevole dei volumi di attività, livelli di incertezza molto alti, introduzione di dazi) e un elemento di criticità continua a essere il prezzo dell’energia.
Come le imprese stanno rispondendo a questi segnali è il risultato del questionario che siderweb ha sottoposto a un campione rappresentativo della filiera dell’acciaio nazionale (oltre 70 imprese, appartenenti prevalentemente a 3 comparti: 26% produzione, 22% centri servizio, 21% distribuzione). Le domande hanno riguardato le attese per i risultati di bilancio 2024 e le prospettive per il 2025.
Per quest’anno 2024 sia l’attività svolta, espressa dal fatturato sia i risultati economici sono previsti in generale calo, non trascurabile in alcune realtà. Il 77% delle imprese si attende un calo del fatturato nel 2024 e il 73% una contrazione dell’incidenza dell’Ebitda sulle vendite. Il 75% stima un decremento del risultato economico (il 14% prevede stabilità, solo il 10% un miglioramento).
L’elemento di maggiore criticità percepita rimane decisamente il costo dell’energia (18% dei rispondenti). Seguono il costo di materie prime e semiprodotti (14,4%), perdita di competitività e rallentamento della domanda internazionale a parimerito (12%).
Gli investimenti sono prevalentemente di rinnovo e ammodernamento, con spazio più limitato all’ampliamento. L’innovazione e l’automazione assumono sempre grande rilevanza, con un ruolo non trascurabile anche della sicurezza; cala il peso della digitalizzazione a vantaggio della formazione del capitale umano.
Prospettive per il 2025
Il 2025 è invece connotato da una ripresa, la cui ampiezza non è però di agevole determinazione. Il 38% delle imprese si aspetta un incremento del fatturato tra il 10 e il 20%; un altro 38% propende per una stabilità. Il 23% si attende un’ulteriore contrazione. I prezzi di vendita sono previsti in aumento fino al 10% dal 35,6% del campione, il 30% prevede che resteranno stabili e il 16% ritiene caleranno meno del 10%. Studio siderweb.
a cura di Maria Bonaria Mereu
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