Presentata l’analisi di siderweb basata sui dati contenuti in Bilanci d’Acciaio 2024, con fatturato in forte calo rispetto al 2022 (–22,9%).
L’anno 2023 ha visto un generale peggioramento per il comparto italiano della trafilatura. Le aziende del settore, infatti, hanno registrato un fatturato in forte calo rispetto al 2022 (–22,9%), tornando su valori inferiori a quelli dell’inizio del triennio 2021-2023.
L’analisi di Bilanci d’Acciaio 2024
È quanto emerso dell’analisi di Bilanci d’Acciaio 2024, il principale studio di siderweb che indaga in chiave strategica e prospettica i risultati economico-finanziari della filiera siderurgica, attraverso la lettura e l’interpretazione dei dati dei bilanci di esercizio del triennio 2021-23. Giunto alla 16^ edizione, lo studio è realizzato in collaborazione con i professori Claudio Teodori e Cristian Carini dell’Università degli Studi di Brescia ed è sponsorizzato da BPER Banca e Regesta Group.
Lo scorso 3 dicembre 2024 a Lecco (nella cui provincia, capitale nazionale della trafila, l’acciaio vale oltre 3,2 miliardi di euro) l’analisi incentrata sul comparto è stata presentata al convegno “Trafilerie: bilanci e prospettive” organizzato da siderweb, la community dell’acciaio in collaborazione con la Camera di Commercio di Como-Lecco e sponsorizzato da BPER Banca, Regesta, Coface, SAS Engineering and Planning e Caleotto.
«Attraverso i numeri, i dati e i bilanci – ha affermato Paolo Morandi, amministratore delegato di siderweb – proviamo a fare un punto della situazione attuale, con un approfondimento verticale sulle trafilerie, nel cuore del distretto nazionale. Dobbiamo però necessariamente alzare lo sguardo per proiettaci nel futuro, perché questi numeri e il contesto in cui vivono le aziende oggi ci impongono un cambiamento: nuove tecnologie, fare rete, formazione, ricerca e sviluppo, puntando sui giovani con un atteggiamento “aperto” per essere competitivi domani».
La filiera delle trafilerie
Le aziende della filiera del filo d’acciaio che sono state analizzate sono circa 2300 (82 trafilerie, 16 imprese fornitrici di vergella, 83 mollifici, 57 viterie e bullonerie, 699 altri prodotti in metallo, 345 automotive e altri mezzi di trasporto, 1033 macchine e apparecchi meccanici). Il fatturato totale del campione analizzato ammonta a circa 187 miliardi di euro (quasi 2,8 miliardi le trafilerie e 14,6 i fornitori di vergella, 785 milioni i mollifici e 1,5 miliardi viterie e bullonerie).
Nel 2023, il solo comparto delle trafilerie ha registrato un fatturato di 2,797 miliardi di euro, con una frenata pari al 22,9%. Un andamento che si è riflesso sui principali aggregati reddituali rapportati al fatturato: malgrado la stabilità del valore aggiunto (20%), attestatosi a 545 milioni di euro (–24,7%), si registra una contrazione dell’Ebitda, la cui incidenza scende sotto il 10%, la riduzione dell’Ebit è forte e pari a 3 punti percentuali sul 2022 e più di 1 rispetto al 2021, l’utile netto raggiunge il valore minore del triennio (3,6%).
«Il RoA (Return on Assets) – ha spiegato Claudio Teodori, docente dell’Università degli Studi di Brescia – vale a dire la redditività complessiva del capitale investito, si riduce in modo significativo, collocandosi sotto il 6%, prevalentemente a causa della minore marginalità delle vendite. Analogo andamento caratterizza il RoE (Return on Equity), vale a dire la redditività dei soci, che si contrae in modo rilevante nei 3 anni. Buona invece la solidità, in costante miglioramento e con valori più che soddisfacenti: il rapporto di indebitamento complessivo scende sotto l’unità e i mezzi propri sono ampiamente superiori agli investimenti fissi. L’unico peggioramento si riscontra nella sostenibilità del debito, a causa sia del minore Ebitda sia per la forte crescita degli oneri finanziari, che aumentano del 69% rispetto al 2022».
Gli utilizzatori
Nell’ambito dei principali cluster utilizzatori, in particolare mollifici e viterie e bullonerie, «si osserva – ha aggiunto Teodori – una contenuta riduzione del fatturato rispetto al 2022, con valori superiori al 2021. Il valore aggiunto si attesta al 38,7% nei mollifici e al 33,4% nelle viterie e bullonerie, risultando in leggero calo rispetto a inizio triennio. L’Ebitda, anche se in contrazione, si mantiene su valori soddisfacenti, sempre superiori al 15%. L’indicatore di redditività operativa (RoA) presenta contenute oscillazioni: nei mollifici è in progressiva riduzione, perdendo 1,5 punti percentuali; nelle viterie e bullonerie torna ai valori del 2021, dopo l’aumento del 2022. Le cause di queste variazioni sono riconducibili alla marginalità sulle vendite, in quanto l’efficienza finanziaria nell’uso del capitale è stabile».
L’indicatore che presenta un calo non trascurabile è il RoE, «che scende in entrambi i settori sotto il 10%. La solidità è invece invariata su livelli molto soddisfacenti con un basso rapporto di indebitamento e una buona autocopertura degli investimenti fissi. Come tutta la siderurgia, anche qui si osserva un netto peggioramento della sostenibilità economica del debito, cioè dell’incidenza degli oneri finanziari sull’Ebitda: nei mollifici raggiunge il 6,8%, valore comunque molto basso, ma in forte crescita se comparato con il 2,9% del 2021; nelle viterie e bullonerie si arriva al 10,8%, quasi triplicando i valori dei 2 anni precedenti», ha concluso Teodori.
Il contesto operativo
Nei primi 10 mesi dell’anno è stato registrato il peggior risultato produttivo dell’acciaio italiano dal 2020 con un calo di quasi il –5% rispetto allo stesso periodo del 2023 (dati Federacciai). In questo quadro recessivo, ha spiegato Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi di siderweb, «il comparto delle trafilerie si trova a metà del guado, in quanto mostra risultati migliori rispetto alla siderurgia in generale, ma le sue performance sono inferiori a quelle del comparto dei prodotti lunghi. Le aziende della trafilatura tra gennaio e settembre hanno registrato un calo della produzione dell’1,2% e, probabilmente, il 2024 si chiuderà con il terzo calo annuo consecutivo».
Per quanto riguarda il commercio estero, la vergella (materia prima delle trafilerie) tra gennaio e agosto 2024 ha registrato una diminuzione dell’import del –10%, facendo seguito alla ben più consistente frenata dello scorso anno (–25% sul 2022), e un lieve incremento del +0,5% delle importazioni. Venendo al principale prodotto del comparto, ovvero il filo trafilato, nei primi 8 mesi dell’anno ha visto una contrazione del –3,1% nell’export e una variazione in positivo del +3,2% dell’import.
Aspettative per il 2025
Infine, ha ricordato ancora Ferrari, nel 2025 è attesa una lieve ripresa dopo 2 anni complicati: «In Europa, l’acciaio dovrebbe assistere a un ritorno del consumo reale (+0,6%) e quello apparente dovrebbe crescere del +3,6%, grazie a una nuova fase di ristoccaggio». La domanda di acciaio in Italia dovrebbe anch’essa iniziare a intravedere un recupero, anche se solo «una parte dei settori industriali che hanno nell’acciaio una delle loro materie prime il prossimo anno tornerà in territorio positivo. Continueranno infatti a faticare i comparti dell’automotive, dei prodotti per l’edilizia e dei prodotti in metallo, che rappresentano insieme il 50-60% del consumo».
Nella prima parte del 2025, quindi, «la ripresa sarà inizialmente trainata solo da alcuni comparti che, se dovessero contestualmente migliorare le condizioni economiche, nella seconda parte dell’anno potrebbero portare con sé altri comparti e alimentare un blando rialzo dei prezzi, che permetterebbe di recuperare sotto il profilo della marginalità».
Le voce degli operatori
Come ha sottolineato Giovanni Pasini, presidente di Caleotto, il settore «sta affrontando questa fase così critica anche con fermate produttive, perché il prezzo di vendita fatica a coprire i costi variabili di produzione. Non vedo particolari novità nel primo trimestre 2025, anche se mi piace notare che le previsioni mostrino una certa positività, seppur si rimanga ancora al di sotto dei livelli del 2023. Ciò che preoccupa di più, però, non è tanto la contingenza, quanto i fenomeni strutturali indice di un mercato in contrazione. Penso per esempio all’annuncio di Volkswagen sulla chiusura di alcuni stabilimenti; alla scarsa competitività di intere filiere per i costi energetici elevati; alle materie prime, come il rottame, in una situazione critica; all’Europa che ha dato più spazio all’ideologia che alla concretezza. E ancora, alla Germania che ha perso il proprio modello di sviluppo e che lo deve ripensare. Una buona notizia è che, finalmente, dalle nuove elezioni nel Paese possano derivare nuova energia e motivazione, per dare il via alla ripresa del manifatturiero».
Dal punto di vista dei produttori di filo in acciaio, Andrea Beri, amministratore delegato di ITA, ha affermato che «i primi 6 mesi del 2024 hanno visto un trend di mercato abbastanza normale. Poi, dopo la fermata estiva, abbiamo visto un calo tra il –5% e il –30%, a seconda delle attività merceologiche. Un contesto che ci porterà a chiudere l’anno con una diminuzione della produzione del –6% medio, con un campanello d’allarme: la contrazione netta delle marginalità. Il sentiment degli operatori della trafilatura in tutta Europa è negativo, in particolare per l’automotive e l’agricoltura. L’unico settore che dà un minimo di luce in fondo al tunnel è energia e telecomunicazioni. Le soluzioni non sono semplici, ma vanno adottate. Applicare dazi o azioni di protezione verso l’import può creare effetti collaterali, ma bisogno prendere delle decisioni e siamo per l’ennesima volta in ritardo. Penso agli arrivi dalla Turchia, dalla Cina… La situazione non è rosea per il primo semestre 2025, ma è altrettanto vero che dovremo reagire, perché per alcuni prodotti non raggiungiamo neppure la marginalità dell’Ebitda. Un punto di cambiamento è dovuto».
Come ha poi sottolineato Francesco Silvestri, presidente di Anccem, l’associazione dei mollifici italiani, questi vedranno «i bilanci del 2024 in ulteriore calo, dopo un 2023 difficile. I margini subiranno un’altra contrazione. Ciò dipende anche dalla struttura di queste aziende, per la maggior parte piccole e medie imprese che faticano a ribaltare a valle gli aumenti dei costi, anche delle materie prime. Fortunatamente arriviamo da un momento sano e abbiamo le spalle coperte, una certa solidità. Il prezzo della vergella da trafila a basso tenore di carbonio è salito del +15% da gennaio 2021 a oggi; quello del filo per molle ad alto tenore di carbonio del +30%». Quanto all’impatto dell’elettrificazione della mobilità sul settore delle molle, «oggi pesa ancora poco: in Italia le immatricolazioni di veicoli elettrici sono poco più del 5%. Il bello dovrà ancora venire. Purtroppo, nei prossimi anni pagheremo in termini di produzione e occupazione».
a cura di Redazione
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